ARTRITE REUMATOIDE (AR) O POLIARTRITE CRONICA
L’AR è una malattia infiammatoria cronica della sinovia, ma può interessare anche le strutture articolari (borse, legamenti, ecc). L’infiammazione di tali mucose provoca dolore, rigidità, gonfiore, calore e rossore. A questi problemi si possono aggiungere: febbre, anemia, ipostenia e perdita di peso. Colpisce prevalentemente le articolazioni, ma può coinvolgere anche il sistema nervoso, l’apparato respiratorio, l’apparato cardiocircolatorio ed il sangue. Le articolazioni colpite possono perdere la loro struttura e la capacità di eseguire movimenti normali.
L’AR può durare molti anni, alternando dei periodi di attività ad altri di remissione. Una sua caratteristica è quella di colpire in modo simmetrico, ovvero sui due lati del corpo contemporanemente. Per esempio, se è interessato il ginocchio destro lo sarà anche quello sinistro. Questo è in contrasto con l’Osteoartrite che può colpire solo un lato del corpo. Pertanto un dolore persistente, accompagnato da gonfiore, in più di un’articolazione in entrambe le parti del corpo potrebbe far pensare ad un’attacco di Artrite Reumatoide.
E’ una malattia presente in tutto il mondo e in ogni razza, sebbene con diversa prevalenza che varia da 0.33% a 6.8%.
Limitatamente all’area europea, la Artrite Reumatoide sembra essere più frequente nelle popolazioni del Nord Europa. Nelle popolazioni del bacino del Mediterraneo, sembra essere meno severa, con meno frequenti manifestazioni extra-articolari.
In Italia la prevalenza (numero di casi di artrite reumatoide nella popolazione generale) è circa 0.4% (un malato ogni 250 abitanti). Vi sono quindi circa 400.000 malati nel nostro paese.
Le donne sono colpite più degli uomini, in misura tre volte superiore.
Può esordire in ogni età, ma in oltre il 70% dei casi compare tra i 40 e i 60 anni.
In poco meno di 10 anni è profondamente mutato l’atteggiamento terapeutico dell’Artrite Reumatoide (AR) che colpisce in Italia oltre 400.000 persone. L’acquisita coscienza della gravità di questa patologia ha modificato il precedente approccio attendistico che prevedeva di iniziare la terapia con farmaci antireumatici solo in fasi estremamente avanzate di malattia, quando la persistente infiammazione articolare aveva ormai indotto un danno irreversibile alle articolazioni.
Attualmente sappiamo che una terapia precoce ed aggressiva può determinare un significativo ritardo del danno anatomico articolare e della disabilità da questo conseguente. Un maggiore numero di farmaci anti-reumatici è oggi disponibile, anche per un impiego d’associazione nei casi più resistenti e l’immissione in commercio dei farmaci biologici anti-citochine ha segnato una nuova era nel dominio della infiammazione sistemica dell’AR e di altre poliartriti croniche (Artrite Psoriasica e Spondilite Anchilosante).
E’ necessario tuttavia agire velocemente. La terapia anti-reumatica, perché possa prevenire il danno articolare, dovrebbe essere iniziata entro 6 mesi dall’esordio dei sintomi di artrite (tumefazione dolorosa di tre o più articolazioni con prolungata rigidità al risveglio mattutino).
Perché possa essere perseguita una diagnosi così precoce è necessaria la valorizzazione dei sintomi d’esordio da parte del malato, del medico di medicina generale, del reumatologo e di tutti gli altri specialisti che per primi valutano il malato (fisiatri, ortopedici, internisti), uniti in un patto di buona condotta per la vittoria finale sull’artrite.
Ogni figura assistenziale ha un ruolo importante nelle diverse fasi dell’artrite. Al reumatologo che ha esperienza ed è dedicato a queste problematiche compete la conferma della diagnosi, l’induzione e il consolidamento della remissione (termine che definisce la guarigione dai sintomi di una malattia che deve continuare ad essere curata perché non se ne conosce la causa) mediante la scelta della più opportuna terapia anti-reumatica. Al medico di medicina generale (MMG) compete il compito di sospettare la diagnosi, inviare allo specialista e successivamente gestire la terapia famacologica a lungo termine, avvalendosi di tutti gli specialisti in caso di recidiva o complicazioni. Ai fisiatri è richiesto di insegnare al malato a proteggere le proprie articolazioni e di intraprendere programmi riabilitativi. Ai chirurghi ortopedici di correggere i danni instaurati della malattia.
La diagnosi precoce non è tuttavia facile e il decorso dell’AR è variabile e difficilmente prevedibile per ogni soggetto. Tipicamente il decorso distruttivo articolare è lento, ma progressivo. In alcuni soggetti l’artrite può scomparire spontaneamente nel volgere di qualche settimana dall’inizio dei sintomi, specie nei casi sostenuti da infezioni. Quindi è necessario individuare, all’esordio dell’artrite, i soggetti destinati ad una persistenza dell’infiammazione e con maggiore probabilità di avere una forma aggressiva con precoce evoluzione del danno erosivo articolare. Sono questi i malati in cui un intervento terapeutico precoce e vigoroso può determinare l’arresto della progressione dell’artrite. Questi malati hanno bisogno di essere sottoposti, nel primo anno di malattia, a molti controlli specialistici, esami e radiografie. Tuttavia se la remissione viene raggiunta e consolidata avranno negli anni successivi meno bisogno di eseguire visite, esami, ricoveri, interventi chirurgici, farmaci. Nel lungo termine si configurerebbe un risparmio notevole di spesa in farmaci e prestazioni sanitarie e una ridotta medicalizzazione del malato.