PRP: CAUTELA DAGLI ESPERTI
Negli ultimi 5 anni l’utilizzo di terapie a base di plasma autologo ricco di piastrine (PRP) ha conosciuto una diffusione senza precedenti, in particolare negli ambiti ortopedico e della medicina sportiva.
Ricco di molti fattori di crescita che hanno importanti implicazioni nella guarigione, il PRP è potenzialmente in grado di rigenerare il tessuto tramite diversi meccanismi.
Le più diffuse applicazioni cliniche e chirurgiche comprendono il trattamento di condropatie, artrosi del ginocchio, tendinopatie, tensioni muscolari, lesioni acute e croniche dei tessuti molli.
L’utilizzo del PRP sembra inoltre risultare utile nel promuovere la guarigione dopo interventi di ricostruzione dei legamenti; ne sono testimoni le leggende del golf e del basket Tiger Woods e Kobe Bryant.
Tuttavia, per molte delle condizioni sopra citate, l’evidenza clinica è limitata e non consente di guidare gli operatori sanitari verso un utilizzo appropriato e sicuro di questa metodica. Di conseguenza, i suoi costi rimangono elevati e le assicurazioni o i sistemi sanitari poco disposti a rimborsarli.
Inoltre, i prodotti in commercio risultano soggetti ad una variabilità tale da richiedere che siano quanto prima sviluppati sistemi di classificazione e identificazione dei prodotti ottenuti attraverso le varie metodiche di preparazione utilizzate, atti a comprendere al meglio le implicazioni di tale variabilità e guidare al meglio le scelte terapeutiche.
Di recente, tuttavia, una review pubblicata sul Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons ci offre delle valide raccomandazioni per un utilizzo razionale ed efficace di tale trattamento in determinate condizioni muscoloscheletriche ed in quali altre sono invece necessarie più ricerche che ne comprovino l’effettiva utilità (1).
La review ha analizzato e discusso numerosi studi di livello I, II e III, suddivisi in base alle diverse applicazioni (fusione e innesti ossei, riparazioni di cartilagini, trattamento di tendinopatie croniche, e riparazione chirurgica di lesioni acute a carico di tessuti molli quali la ricostruzione del legamento crociato anteriore, della cuffia dei rotatori e del tendine di Achille).
Un campione di sangue del paziente viene centrifugato due volte, attraverso il metodo noto come plasmaferesi, e arricchito della componente che precipita, ovvero le piastrine. Il preparato ottenuto, privo dell’aggiunta di altre sostanze chimiche, viene così nuovamente iniettato nel soggetto, in prossimità della zona da trattare.
Trattandosi di una pratica sicura – o quantomeno priva di effetti indesiderati documentati – l’interesse nei confronti del plasma autologo ricco di piastrine è da sempre stata anteposta alle evidenze della ricerca scientifica.
Tuttavia, variando alcuni parametri della metodica è possibile ottenere preparati dalla differenti caratteristiche biochimiche (contenuto delle diverse frazioni leucocitarie e fattori di crescita di derivazione piastrinica) e cliniche.
Più di 40 sistemi di preparazione di PRP sono ad oggi in commercio, ed i numerosi fattori che contribuiscono alla variabilità del preparato influenzano, di conseguenza, la sua efficacia nel trattare le diverse condizioni, anche in relazione alle caratteristiche del paziente stesso (età e comorbidità).
“Sebbene l’evidenza suggerisca che il PRP migliori la riparazione dei tessuti danneggiati, abbiamo osservato che il successo del trattamento varia in relazione al metodo di preparazione e alla composizione, alla condizione medica, alla localizzazione corporea e alla tipologia di tessuto da trattare” – spiega il Dr. Hsu, autore dell’articolo. Sistemi classificativi validati di tali preparati sono dunque necessari per comparare gli studi fra di loro.
L’evidenza clinica supporta attualmente il PRP nel trattamento di condizioni che includono le lesioni osteocondrali dell’astragalo e l’epicondilite laterale.
Nel caso delle lesioni dell’astragalo, le evidenze sono ancora scarse, seppur promettenti, con un solo studio clinico caso-controllo di II livello pubblicato.
Nel caso dell’epicondilite, invece, gli autori hanno discusso i risultati di 4 studi pubblicati, concordi nel sostenere che le formulazioni di PRP contenenti leucociti migliorano gli outcome clinici riferiti dai pazienti (VAS dolore) rispetto alle iniezioni locali di anestetici, sangue intero o corticosteroidi.
Tuttavia, prima di raccomandarne l’utilizzo in altre condizioni – quali a esempio l’osteoartrosi del ginocchio o le lesioni del tendine di Achille, delle cuffia dei rotatori e altre tendinopatie croniche – sono necessari ulteriori e approfonditi studi.
Inoltre il PRP sembra non avere effetti positivi negli interventi di fusione o in altre procedure di innesto osseo.
Infatti, sebbene il PRP abbia dimostrato proprietà osteogeniche in alcuni studi in vitro e preclinici, dei 4 studi clinici discussi nella review di Hsu e colleghi, soltanto uno studio osservazionale prospettico di II livello riferiva una riduzione del tasso di non unione rispetto a quello noto dalla letteratura. In tale studio tuttavia non vi era omogeneità nel distretto trattato (caviglia, avampiede, retropiede e mesopiede) e nel tipo di innesto osseo applicato.
“Siamo fiduciosi che i nostri risultati possano servire da roadmap per un utilizzo appropriato di PRP in ortopedia”, ha affermato il Dr. Terry. “Ora che abbiamo una migliore comprensione di quando questa terapia è efficace, possiamo adattare la metodica ad altre applicazioni. Ad esempio, se l’evidenza clinica supportasse l’uso del PRP nell’artrosi di caviglie e ginocchia, ha senso iniziare a guardare al suo utilizzo nel trattamento dell’osteoartrosi dell’anca”.
Grazie al supporto scientifico, il costoso trattamento a base di plasma autologo ricco di piastrine potrebbe dunque diventare, in un prossimo futuro, più alla portata di tutti.
Hsu WK, Mishra A, Rodeo SR, Fu F, Terry MA, Randelli P, Canale ST, Kelly FB. Platelet-rich plasma in orthopaedic applications: evidence-based recommendations for treatment. J Am Acad Orthop Surg. 2013 Dec;21(12):739-48